Autore: Kevin Brooks
Editore: Piemme
Anno: 2015
Pagine: 277
Prezzo: 9,40
Trama:
Linus, sedici anni, insieme a quattro adulti e una ragazzina di nove, si trova intrappolato in un bunker, uno spazio claustrofobico da cui nessuno può fuggire. Sono stati rapiti da qualcuno che si è presentato loro ogni volta in modo diverso e non sanno perché sono stati scelti. Spiati da decine di telecamere e microfoni perfino in bagno, dovranno trovare un modo per sopravvivere. "Bunker Diary" è un incubo da vivere sulla propria pelle attraverso le pagine del diario di Linus, in un'escalation di umiliazioni, meccanismi perversi e violenza fisica e psicologica innescati "dall'uomo di sopra"...
Recensione:
Non sapevo cosa aspettarmi da Bunker Diary fino a che non l'ho iniziato e anche una volta girata l'ultima pagina (digitale visto che l'ho letto sul Kobo), non sono riuscita a capire se ne fossi rimasta soddisfatta o meno.
La verità è che mi ha lasciato pensieri contrastanti, perchè un po' contrastante è in fondo la vicenda raccontata in questo romanzo.
Linus, il nostro protagonista, è il narratore della storia, e la storia sua e di quelli che finiscono come lui, ce la racconta tramite una sorta di diario, un diario del prigioniero.
Sì, perchè il ragazzo viene improvvisamente rapito e segregato in questo bunker sotterraneo, non si sa perchè, non si sa da chi, ciò che sappiamo fin da subito è che lui non sarà l'unica vittima e infatti pian piano iniziano ad arrivare altri cinque sconosciuti.
Sei in totale, sei topi da laboratorio, sei personaggi diversi che più diversi non si può.
Linus è colui che fa un po' da collante, quando le cose iniziano a surriscaldarsi tra i prigionieri, tutti desiderosi di trovare una via d'uscita, desiderosi di ingraziarsi chi "sta di sopra" per avere la possibilità di uscire.
L'ascensore, è un elemento centrale della storia, da lì arrivano i nuovi "detenuti", da lì si capisce se la giornata sarà "buona" con scorte di cibo e quant'altro, o se i sei saranno preda di fame, allucinazioni, attacchi di rabbia e psicosi.
Quello che non ho apprezzato pienamente della storia è stato il finale, sebbene non possa bocciarlo totalmente, perchè in una certa misura si allinea un po' a tutta la stranezza e all'atmosfera della storia, mi ha lasciato comunque con l'amaro in bocca e una sensazione di incompletezza.
Ciò che invece ho apprezzato, è lo stile scorrevolissimo utilizzato dall'autore e soprattutto la vena psicologica e sociale che passa nella storia, tramite le sue parole. I sei personaggi infatti, appartengono a mondi completamente diversi, hanno abitudini diverse e anche diverse età , eppure lì sotto, tra la paura e le menzogne, vengono a galla le parificazioni, i bisogni comuni, e la crudeltà umana.
Altra cosa degna di nota, è il ritmo costante del romanzo, pur non utilizzando l'escamotage di scene truculente o sanguinose, l'autore riesce comunque a mantenere un clima di inquietudine nella sua semplicità , l'ignoto che terrorizza più di qualsiasi cosa e la sensazione claustrofobica di trovarsi nei panni del protagonista trapelano per tutto il libro.
Non sapevo cosa aspettarmi da Bunker Diary fino a che non l'ho iniziato e anche una volta girata l'ultima pagina (digitale visto che l'ho letto sul Kobo), non sono riuscita a capire se ne fossi rimasta soddisfatta o meno.
La verità è che mi ha lasciato pensieri contrastanti, perchè un po' contrastante è in fondo la vicenda raccontata in questo romanzo.
Linus, il nostro protagonista, è il narratore della storia, e la storia sua e di quelli che finiscono come lui, ce la racconta tramite una sorta di diario, un diario del prigioniero.
Sì, perchè il ragazzo viene improvvisamente rapito e segregato in questo bunker sotterraneo, non si sa perchè, non si sa da chi, ciò che sappiamo fin da subito è che lui non sarà l'unica vittima e infatti pian piano iniziano ad arrivare altri cinque sconosciuti.
Sei in totale, sei topi da laboratorio, sei personaggi diversi che più diversi non si può.
Linus è colui che fa un po' da collante, quando le cose iniziano a surriscaldarsi tra i prigionieri, tutti desiderosi di trovare una via d'uscita, desiderosi di ingraziarsi chi "sta di sopra" per avere la possibilità di uscire.
L'ascensore, è un elemento centrale della storia, da lì arrivano i nuovi "detenuti", da lì si capisce se la giornata sarà "buona" con scorte di cibo e quant'altro, o se i sei saranno preda di fame, allucinazioni, attacchi di rabbia e psicosi.
Quello che non ho apprezzato pienamente della storia è stato il finale, sebbene non possa bocciarlo totalmente, perchè in una certa misura si allinea un po' a tutta la stranezza e all'atmosfera della storia, mi ha lasciato comunque con l'amaro in bocca e una sensazione di incompletezza.
Ciò che invece ho apprezzato, è lo stile scorrevolissimo utilizzato dall'autore e soprattutto la vena psicologica e sociale che passa nella storia, tramite le sue parole. I sei personaggi infatti, appartengono a mondi completamente diversi, hanno abitudini diverse e anche diverse età , eppure lì sotto, tra la paura e le menzogne, vengono a galla le parificazioni, i bisogni comuni, e la crudeltà umana.
Altra cosa degna di nota, è il ritmo costante del romanzo, pur non utilizzando l'escamotage di scene truculente o sanguinose, l'autore riesce comunque a mantenere un clima di inquietudine nella sua semplicità , l'ignoto che terrorizza più di qualsiasi cosa e la sensazione claustrofobica di trovarsi nei panni del protagonista trapelano per tutto il libro.
Valutazione:
♥♥♥